Menu Chiudi

Sul motto virgiliano della Sezione Vita di Scienza ed Arte

- Publio Virgilio Marone, scultura di Andrea Jori -

Dall’Antologia del Premio nazionale Terra di Virgilio 2019

di Maurizio Rizzini

11 maggio 2019

 

Qui, a schiere, quanti ebbero in guerra per la patria ferite,
e i sacerdoti puri, fin che la vita durava,
e i pii profeti, che dissero cose degne di Febo,
e chi la vita abbelliva, arti nuove scoprendo,
e facendo del bene agli altri lasciò buon ricordo,
tutti costoro coronati la fronte di candida benda.

(Virgilio, Eneide, 6. 660-665, tr. di Rosa Calzecchi Onesti)

 

Il motto della sezione del Premio Terra di Virgilio Vita di Scienza ed Arte, ricorda Stefano Iori, fu coniato elaborando il verso dell’Eneide 6. 663, Inventas aut qui vitam excoluere per artis seguendo la traduzione di Giuseppe Bonghi: “ … coloro che incivilirono la vita coll’invenzione delle arti…” e nasceva da una precisa visione delle ragioni della Poesia e del Premio. In breve e parafrasando, l’opera poetica dovrebbe ispirarsi anche alla scienza ed al sapere fondendosi in essa elementi filosofici e scientifici in senso ampio. La piega che oggi la Poesia ha preso o lo spazio che le è lasciato hanno modalmente una vezione diversa, ma essa può essere scrittura creativa in cui scienza ed arte cooperando nella ricerca poetica possano per suo tramite guardare a, e muoversi verso, un altrove diverso e migliore.

Sergio Audano (2013), ha esplorato la fortuna del verso dagli antichi alla sua iscrizione nella Medaglia del Premio Nobel (per la Fisica e la Chimica, ed altre discipline), sottolineando la valorizzazione di chi ha consentito il progresso distinguendosi dai poeti: “Genesi e fortuna di un verso virgiliano: Inuentas aut qui uitam excoluere per artis (Aen. 6, 663), in Classici lettori di classici. Da Virgilio a Marguerite Yourcenar, Foggia, Il Castello, 2013 (pp. 21–64)

Il verso che fa riferimento diretto ai poeti è però quello precedente: “quique pii vates et Phoebo digna locuti”. Vates, letteralmente ‘profeta’, e poiché i vaticini erano espressi in versi, “2. Poeta, soprattutto in quanto sia animato anche da spirito profetico, o acquisti, per il tono elevato della sua poesia, o per l’ispirazione civile, un carattere sacro, quasi sacerdotale.” (Diz. Treccani); quindi ‘i pii poeti che espressero parole degne di Apollo.’

Ma le due figure non sono isolate bensì articolate, pur essendo riconoscibile talvolta ‘arte e poesia’ e tal’altra ‘arte o poesia’ e più di rado ‘arte & poesia’. Andando in medias res, confrontando due letture del passo dell’Eneide alla luce di un papiro in lingua greca di poesia escatologica in esametri presente a Bologna e decifrato nel 1951 da Merkelback, e poi da Treu, Turcan, Aldo Setaioli (1993) da cui prendo l’informazione (:328)[1] e da Robert Schilling, possiamo comprendere e forse risolvere le disgiunzioni dell’interpretazioni, partendo da quanto Setaioli richiama. Nel papiro “[.] appaiono dei gruppi di beati che il Treu ha acutamente distinto in due categorie, a seconda che i loro meriti siano di ordine puramente etico, oppure riguardino l’avanzamento civile dell’intera umanità attraverso l’invenzione delle varie arti.” (:328-29) Setaioli le descrive in un modo meno completo e ricco di quanto non faccia Schilling riprendendo Treu ed il proprio esame. Alcune figure presenti nel papiro non sono riprese nell’Eneide e qui se ne aggiunge una che non c’è, i sacerdoti, tutti elementi rilevanti. Il punto che conta qui è che Schilling (1981/1982) proietta la classificazione provvista da Treu sul testo Virgiliano, e la mossa lo porta a notare una modificazione, uno spostamento dal gruppo culturale a quello etico dei poeti.[2] Per Setaioli il permanere dei poeti nella categoria culturale sarebbe una diminuzione; respingendola con una precisa lettura del testo egli riporta tutte e cinque le figure sullo stesso piano e livello.[3] Schilling pur con qualche ambiguità testuale, afferma che ne sarebbero invece privilegiati, assurgendo ad un ordine più alto.[4] Da lì prende il volo per un’altra distinzione rilevante basata sull’orfismo che sottende sia la visione Apollinea come quella Dionisiaca, coestensiva alla contrapposizione fra greco e latino, pensiero e testo.

Guardando con attenzione, la posizione sull’asse della concatenazione esprime come indica la semiotica un senso preciso. Vengono prima le figure che appartengono all’ordine etico, poi i poeti, ed infine quelle che appartengono a quello culturale. Non so se altri abbiano notato ciò prima: i poeti separando e connettendo i due tipi partecipano ad entrambi; le due categorie si legano eterarchicamente, mediante un’altra sovraordinata. (Una logica ‘terzitaria’ sembra poter dirimere la questione arricchendone il senso.)

Inserimenti ed esclusioni sono sempre presenti sia nell’evoluzione dei testi, che non sono mai imitazioni, ma il ricrearli, come avviene nelle traduzioni che sono delle vere e proprie interpretazioni, e talvolta anche un virare del senso, che apre ad altre dimensioni o piani.

Eduard Norden che ha avuto un grande ruolo in Germania per la riestimazione di Virgilio e dell’Eneide, P. Vergilius Maro Aeneis Buch VI. Sammlung Wissenschaftlicher Kommentare … Leipzig: B. G. Teubner, 1903, traduceva “quique sui memores aliquos fecere merendo” – (v. 664), quello dei “benefattori” –  in “hier die Herrscher, / Deren dankerfüllt die Welt gedachte,” (p. 89); ‘ritraducendo’, “i Signori, che il mondo riconoscente ricorda,” per dare un senso poetico al più denso Herrscher, che più propriamente è i Regnanti, coloro che dominano e governano.

Nella copia del libro della Biblioteca di Harvard vista con Internet Archive, un lettore che aveva sottolineato Herrscher, aveva a margine aggiunto “a very Prussian interpolation.”

Tenuto conto inoltre che “Vita di Scienza ed Arte” richiama anche Dante, Il Convivio  II, i, 3-5, si svilupperebbe un esame molto più ampio dei motivi e del senso del motto. Chiudo sottolineando che la divisa invita ad una riflessione sul fare poetico. Mette conto ricordare che anche quest’anno in qualche poesia ci si interroga a proposito.

In Le piante hanno inventato il futuro, ci si chiede se la Poesia riesca a sentire il brulicare della vita pur nel disfacimento attuale alimentato anche dalla plastica. Nel rivendicare la sapienza maggiore non riflessiva delle piante rispetto a quella scientifica, si indica un ritorno ad un vero sapere e ad una presa di Poesia e Scienza: «Il futuro è dentro le piante, / la Poesia e la Scienza invece, / devono aprire, prima che sia troppo tardi, / le coscienze degli uomini / all’armonia dei pensieri!»

Con il titolo Ars et Vita, e con quanto in Poesis, volge a ciò sia pure in modo embrionale: «Il poeta? / Un angelo dalle ali spezzate, / che regala parole al mondo, / innalzandolo con la sua Arte».

______________

[1] Setaioli, Aldo “Il Libro VI dell’Eneide,” in Amata, Biagio (a cura di), Cultura e lingue classiche 3, Roma: L’«ERMA» di BRETSCHNEIDER, 1993, pp. 323-334.

[2] “La confrontation avec le papyrus de Bologne prête également matière à réflexion pour la classification des élus proposée par Virgile (VI, 660-665). Celle-ci se subdivise dans le chant VI en deux groupes : le premier comprend dans l’ordre les héros qui ont versé leur sang pour la patrie, les prêtres irréprochables pendant toute leur vie (quique sacerdotes casii, dum uita manebat), les poètes pieux qui ont proféré des paroles dignes de Phébus (quique pii uates et Phoebo digna loculi) ; le second groupe mentionne les inventeurs — bienfaiteurs de l’humanité ainsi que tous ceux qui ont mérité de laisser un nom. Cette classification distingue donc le plan éthique du plan culturel. (pp. 373-374)

Schilling, R. Romanité et ésotérisme dans le chant VI de l’Eneide, Atti del Conv. Virg. di Brindisi, 15-18 ott. 1981, Perugia 1983, 17-31; visto in «Revue de l’histoire des religions», tome 199, n° 4, 1982, 363-380. Disponibile su https://www.persee.fr/doc/rhr_0035-1423_1982_num_199_4_4629

[3] “Ai vv. 660-665 di Virgilio ci sono cinque classi di anime: guerrieri morti per la patria, sacerdoti, poeti, inventori delle arti, benefattori. Tra esse, dunque, compaiono anche gl’inventori delle arti, che però non sono una categoria sovraordinata comprendente gruppi diversi, come avviene nel papiro, ma solo una delle cinque classi, che in Virgilio stanno tutte sullo stesso piano. Lo dimostra la presenza dei poeti, che nel papiro sono menzionati fra gl’inventori delle arti, mentre in Virgilio stanno chiaramente a sé, come dimostra l’aut che distingue le due classi: quique pii vates et Phoebo digna locuti,/ inventas a u t qui vitam excoluere per artes (vv. 662-663); […]” (cit:329)

[4] “En troisième lieu, une adjonction : les prêtres à la vie irréprochable ; ils ne figurent nulle part dans le papyrus grec. En dernier lieu, une modification : les pii uates font partie du groupement éthique chez Virgile, alors que le papyrus ne range les poètes que dans la liste culturelle. Est-il besoin de souligner que la présence du prêtre (absent dans le papyrus), le rang privilégié accordé au poète (mêlé aux autres inventeurs dans le papyrus) sont significatifs de la différence de mentalités entre Grecs et Romains ?” (cit: 375)